C’era il clima delle grandi occasioni a ITMA a Milano nei giorni scorsi. La più grande fiera dedicata ai macchinari e all’innovazione tessile è diventata un’occasione straordinaria per fare un viaggio nel tessile che verrà, un settore che attrae investitori e innovatori. La sua immagine è cambiata completamente negli ultimi anni: solo fino a 10 anni fa il tessile era ritenuto un settore tradizionale, un po’ polveroso, che non aveva più molto da dare. Un settore da processi standardizzati, che potevano essere effettuati anche nei Paesi in via di sviluppo.
Poco contavano le voci fuori dal coro che provenivano dai nostri distretti tessili, per raccontare che in realtà il tessile è fatto di conoscenza, passione, artigianalità, processi che vanno conosciuti benissimo per poter essere stravolti e per creare qualcosa di nuovo. Se i nostri imprenditori non fossero rimasti ancorati alla loro passione e alle loro imprese e avessero fatto le scelte di altri Paesi, adesso qui non ci sarebbero che le briciole e sarebbe tutto da ricostruire. E’ quello che sta accadendo poco lontano da noi, ma non è facile far tornare un settore quando se n’è andato e le competenze sono andate perse.
In queste giornate milanesi il tessile brillava nell’Olimpo dei settori più innovativi. Non solo per quello che è connesso alla moda, ma anche per i nuovi materiali, le opportunità che stanno emergendo dalla rivoluzione del packaging, il rinnovato interesse dell’edilizia per questi materiali. Può sembrare incredibile, ma spesso alle sfide contemporanee si può rispondere con una soluzione che arriva proprio dal tessile.
Se ne sono accorti anche gli investitori e venture capitalist, che negli ultimi 5 anni hanno investito pesantemente nel settore: lo afferma il Textile Innovation Fund, stimando in 2 miliardi di dollari l’investimento totale effettuato non solo negli Stati Uniti. Ci sono delle aziende che hanno raccolto sul mercato cifre importanti: ad esempio Natural Fiber Welding (175 milioni di dollari), Bolt Threads (335 milioni di dollari), Circ (76 milioni di dollari). In molti casi si tratta di investitori che hanno compreso la possibilità di ritorno su alcuni tipi di innovazione, ma in generale si lamenta la mancanza di partner strategici: cioè investitori che sono interessati anche ad utilizzare il prodotto. E qui i grandi assenti sulla scena sono i brand.
Insomma, in questi giorni a Milano è andato in scena uno spettacolo internazionale su tutte le nuove tecnologie per un settore che ha voglia di rinnovarsi, di dare spazio a idee nuove e ai giovani, che non pensa più che la simbiosi industriale sia una parolaccia.
Gli espositori italiani sono stati 422, ed hanno occupato il 30% degli spazi: quando si parla di innovazione tessile il nostro territorio ha molto da dire. Dopo di noi i tedeschi (198 espositori e 15% degli spazi) e i turchi (191 espositori e 12% degli spazi). Il 27% degli spazi erano occupati da tecnologie per il finissaggio.
Difficile sintetizzare quello che ho visto con i miei occhi e tutto quello che mi è arrivato in posta elettronica in questi giorni. Però ci proverò ugualmente. Se poi mi sono dimenticata qualcosa sarete voi a dirmelo.
Io ho partecipato insieme ad alcuni corsisti di questo biennio del Corso di Alta Formazione in Management della Filiera Moda Sostenibile che dirigo presso il PIN Polo Universitario di Prato. Alcuni di loro arrivavano da altre parti d’Italia ed è stato bello ritrovarci.
Siamo pronti a partire con la terza edizione del Corso, con alcune novità. Se volete avere maggiori informazioni, scrivetemi e ne parliamo insieme: silvia@solomodasostenibile.it
Ma torniamo al MAG. In questo numero parleremo di:
SOMMARIO
I trend dell’innovazione tessile
Focus tintura e finissaggio: parliamo un po’ di chimica
A chi sono andati i Global Change Award di H&M Foundation
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