Di economia circolare si parla molto, ma poi, all’atto concreto, l’intenzione non si è ancora trasformata in azioni concrete e la transizione circolare deve ancora avvenire. Non per mancanza di buona volontà da parte delle aziende, ma piuttosto perché è il tema è complesso e soprattutto quando si parla di “economia circolare” non si parla di un’azione o di un obiettivo, ma piuttosto di ripensare a 360 gradi l’intero ciclo di vita del prodotto.

Lo scorso ottobre al Sustainable Venice Fashion Forum, lo studio The European House - Ambrosetti fotografava la difficoltà del mondo della moda ad affrontare il tema della circolarità: ad oggi i modelli di business circolari occupano solo il 3,5% del mercato.
Uno dei maggiori ostacoli nell’affrontare questo tema è collegato alla difficoltà di individuare quali sono le azioni che concretamente possono essere intraprese per abbracciare una strategia di sostenibilità. Le 4R, “Repair, Rental, Resale e Remaking” sono sufficienti? Sicuramente ognuna di queste azioni può essere declinata in tanti modi diversi e contenere iniziative diverse.
Il Monitor for Circular Fashion di SDA Bocconi nella sua analisi ha cercato di approfondire il tema del Waste Management, analizzando l’intero processo di produzione del tessile abbigliamento, per andare a individuare azioni che possono essere intraprese nelle varie fasi di vita del prodotto.
Tra l’altro il rapporto prova anche a suggerire degli obiettivi misurabili per la circolarità: spesso non solo non è chiara la direzione, ma non lo è nemmeno il punto di arrivo. Questo strumento aiuta a capire quali sono gli aspetti da monitorare.
Secondo il report “Fashion on Climate” di McKinsey & Company “entro il 2030 dovremo vivere in un mondo dove 1 capo di abbigliamento ogni 5 è venduto attraverso modelli di business circolari”.
Attenzione, quando si parla di circolarità non si parla solo di riciclo, anche se per adesso i fondi del PNNR sembrano essere focalizzati solo su questo tema. Il riciclo è una delle azioni, che, come ci insegna la gerarchia dei rifiuti, deve essere messa in atto quando non è possibile svolgere altre azioni.
Secondo me l’azienda di moda del futuro non sarà più quella che produce un capo e lo vende, in negozio o on line: per stare sul mercato il brand del futuro deve integrare altri modelli di business, ed è quello che stanno sperimentando i brand più strutturati. Ma proprio in questo campo ci sono opportunità interessanti anche per start up e nuove imprese che vogliono impegnarsi in questo campo.
A condizione di avere ben chiari quali sono i modelli di business circolari. Proverò a fare un po’ di chiarezza in questa newsletter.
In questo numero del MAG parleremo di:
SOMMARIO 1. Circolarità nella moda: una grande opportunità 2. Quali sono i modelli di business circolari 3. L'eco-design
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