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#96 La normativa EPR, questa sconosciuta
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#96 La normativa EPR, questa sconosciuta

La newsletter di Solo Moda Sostenibile

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Mar 26
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Chi inquina, paga: è un principio generale stabilito dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Questo significa che chi immette i prodotti sul mercato o chi li consuma deve farsi carico della gestione del fine vita di questi prodotti. A questo servono le normative EPR, che stabiliscono la responsabilità estesa del produttore e che di fatto dovrebbero servire a raccogliere le risorse necessarie per gestire il fine vita del prodotto e allo stesso tempo incentivare scelte di progettazione meno impattanti. E’ stato appena pubblicato un rapporto approfondito di Eunomia, commissionato da Changing Markets and the European Environmental Bureau per capire meglio quali sono gli aspetti sui quali focalizzarsi per costruire un modello efficace di EPR: lo studio si chiama “Driving a circular economy for textiles through EPR”.

Secondo lo studio, per poter gestire in maniera efficace il fine vita è fondamentale innanzitutto incentivare l’eco-design e l’eco-progettazione, per fare in modo che un capo di abbigliamento sia pensato e realizzato per essere disassemblato e destinato alla rigenerazione e al riciclo. Per fare questo il rapporto evidenzia anche che è necessario eliminare l’uso delle sostanze chimiche pericolose dai tessili, perché di fatto ostacolano il riciclo, rendendo questi capi impossibili da smaltire senza rilasciare certe sostanze nell’ambiente.

L’Unione Europea a breve, forse a brevissimo, dovrà legiferare su questo tema, anche perché per il 2025 diventerà obbligatoria in tutti gli Stati la raccolta differenziata dei tessili (l’Italia aveva anticipato al 2022, adesso sembra rimandato al 2023) e quindi è fondamentale sapere come trattare il materiale raccolto e soprattutto come pagare il trattamento di questi materiali. Ma per adesso non si sa in quale direzione andrà la normativa: potrebbe anche essere emanata una normativa quadro, che poi ogni Stato dovrà adeguare.

La Francia è l’unico Paese nel quale è già diventata operativa una normativa EPR, che si chiama Re_Fashion. Sono i produttori a pagare per i prodotti che immettono sul mercato, ma a quanto pare i fondi raccolti sono solo una piccola parte di quelli necessari per gestire l'intero costo di fine vita. L’esperienza francese, operativa dal 2020, non sembra avere dato risultati esaltanti e la Commissione Europea potrebbe fare in parte scelte diverse.

Il sistema EPR francese per i tessili ha oltre 70 diverse "linee di prodotti", ovvero categorie per l'abbigliamento. Ci sono quattro livelli di commissioni, che si basano sulla categoria dimensionale in cui sono inserite le linee di prodotti. Questi sono impostati per capo, e per l'abbigliamento gli attuali livelli tariffari sono i seguenti:

• Articoli molto piccoli (ad es. una maglietta per bambini) - € 0,006 IVA / articolo

• Piccoli oggetti (ad es. una maglietta per adulti) - € 0,011 IVA / articolo

• Articoli medi (ad es. un maglione, un pantalone in denim da bambino) - € 0,021 IVA / articolo

• Articoli di grandi dimensioni (ad es. pantaloni in denim da uomo adulto, cappotti) - € 0,063 IVA / articolo

A pagare queste commissioni sono i produttori che immettono prodotti sul mercato sia in negozi fisici che on line.

Queste commissioni, che rappresentano un costo importante per chi immette grandi quantitativi sul mercato, secondo il modello francese possono essere diminuite se si applicano alcuni accorgimenti:

• Durabilità – con un bonus del 50% delle commissioni per articolo se vengono soddisfatti determinati standard (questo si applica solo a determinati articoli)

• Contenuti riciclati – con un bonus del 50% sulle commissioni per articolo in cui il prodotto contiene almeno il 15% di fibre e/o materiali riciclati da tessili per la casa ( escluso poliestere riciclato da bottiglie di plastica)

• Rifiuti di produzione contenuti riciclati – con un bonus del 25% delle commissioni per articolo in cui si trova l'articolo composto per almeno il 30% da fibre/materiale proveniente da scarti di produzione tessile

Il rapporto 2020 di Re_Fashion rileva che nel 2020 solo lo 0,7% degli articoli ha usufruito di questi bonus.

Lo studio di Eunomia è molto interessante; vorrei segnalarvi che nella parte finale del rapporto trovate una tabella con i costi medi per Paese per il ritiro, la gestione e lo smaltimento dell'usato. Molto interessante, se state cercando di mettere a punto un modello di business.

E adesso parliamo di donne. Le società che nei consigli di amministrazione hanno una maggiore presenza di donne sono anche quelle ad avere una maggiore propensione a raggiungere gli obiettivi climatici: lo dimostra uno studio effettuato sulle 20 aziende più grandi al mondo dalla società di investimenti londinese Arabesque (ecco il link). Lo studio ha messo in relazione la diversità all’interno dei consigli di amministrazione e gli obiettivi di diversità aziendali e ha scoperto che le aziende che hanno una maggiore presenza di donne al vertice sono più impegnate per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica. La presenza delle donne all’interno dei consigli di amministrazione e ai ruoli di vertice è un tema di grande attualità: quante volte viene toccato il tema della diversità quando fate degli audit? Inutile che vi dica che tra le aziende analizzate, su questo tema i risultati meno incoraggianti li ha raggiunti l’Italia.

So che vi piace tanto parlare di greenwashing, perché è un tema con il quale ci troviamo a fare i conti quasi quotidianamente, da consumatori. Noi che siamo una community di bene informati, pensiamo di riuscire a riconoscere quelle situazioni di ambiguità in cui si nascondono messaggi che non sono sorretti da fatti concreti. E invece a volte ci caschiamo anche noi, purtroppo. Se volete capire come, potete visitare la lavanderia virtuale creata da Changing Foundation: ci sono un elenco di esempi che vi aiuteranno a capire come sia facile cadere in confusione. Cliccate qui.

Buona lettura e buon caffè!

PS: Se nel weekend avete voglia di farvi un giro sul metaverso, fino a domani potete partecipare alla Metaverso Fashion Week. Io non ci ho ancora provato, ma Fashion Network ha predisposto delle istruzioni molto chiare per navigare. Ecco il link.


Photo by Daniele Franchi on Unsplash

Sono 2500 le aziende del fashion che operano in Ucraina, con 235 mila lavoratori, quasi 1,2 milioni di euro di export: questi i numeri dell’industria del tessile, moda e calzature ucraina del 2019 secondo Ucraina Invest. Un bacino di competenze prezioso, una catena produttiva legata a doppio filo con tanti brand, che la guerra potrebbe distruggere in maniera irreparabile. Ho provato a capire meglio cosa sta accadendo, e soprattutto cosa accadrà non appena sarà finita la guerra, alle aziende di questo territorio: i loro partner produttivi, i brand, le lasceranno solo a fare i conti con la ricostruzione o le aiuteranno? è già in corso una grande fuga delle commesse verso zone più tranquille? 

Ne ho parlato con quattro imprenditori che mi hanno aiutato a capire una situazione non semplice. 

Ascolta qui: EP50: Cosa accadrà alla catena di fornitura del fashion in Ucraina?


Da leggere:

  1. M&A, la moda in prima linea: aumenta l’appeal dei terzisti - Il Sole 24 Ore

  1. I marchi di moda che fanno greenwashing sono smascherati - Fashion United

  2. Industria, il Covid e la guerra spingono verso le filiere autarchiche - Il Sole 24 Ore

  3. Top 50 global retailer: entrano Zalando, C&A e Sephora - Fashion Magazine

  1. Nella moda è arrivato un nuovo ricambio generazionale? - Rivista Studio


Sabato 2 aprile alle ore 18 Stracci sarà proiettato in Cascina Pavassano (Str. Superga, 59, a Chieri), con ingresso libero. La proiezione sarà seguita da un intervento di Emma Maiorino (@emma.vesteverde). Tommaso e io purtroppo non riusciremo a essere presenti, ma potrete sempre scriverci se avete voglia di condividere le vostre impressioni e domande.

La proiezione si inserisce all’interno della manifestazione “CAMBIAMO·DA
Siamo le scelte che facciamo”, che si svolgerà il 1 e 2 aprile.


C’è finalmente aria di primavera e questo ci riempie il cuore di gioia. Però avremmo anche bisogno di un po’ di pioggia: non un’alluvione, ma quella sana pioggia primaverile che fa profumare l’aria. Speriamo che arrivi presto, altrimenti avremo una lunga estate calda e non ci piacerà troppo.

Per qualsiasi cosa scrivetemi a: silvia@solodamodasostenibile.it

Questa newsletter è frutto di un attento lavoro di ricerca. E’ un lavoro che svolgo in maniera autonoma e indipendente. Se vuoi supportarmi, puoi offrirmi un caffè.

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