#232 Perché la Cina resterà a lungo leader nella produzione di abbigliamento
La newsletter di Solo Moda Sostenibile
Non saranno i dazi USA a mettere in crisi il settore tessile abbigliamento cinese, per tutta una serie di ragioni, non ultimo il ruolo dei sussidi di cui gode il settore da parte del Governo cinese. Ritenuto strategico, gode di aiuti più o meno evidenti che gli hanno permesso di restare sempre competitivo. La stessa cosa non succede in Italia, dove il settore tessile e moda è strategico solo sulla carta; questa mancanza di supporto ci rende un caso quasi unico in Europa. La settimana scorsa parlavamo della Francia, che ha un occhio di riguardo per il settore manifatturiero della moda. Per non parlare della Spagna. In tempi di così grande incertezza, l’intervento del Governo centrale può fare la differenza per aiutare il settore a restare competitivo. Ma andiamo per ordine.
I sussidi elargiti dal Governo Cinese hanno forme diverse: sconti all'esportazione, prestiti agevolati, sovvenzioni in denaro, terreni scontati, servizi sovvenzionati e agevolazioni fiscali. In questo modo si modellano i flussi commerciali, si riducono i prezzi e si rende più difficile una concorrenza effettiva per i produttori di altri Paesi. Come vedete dal grafico qui sotto, la Cina riesce sempre a essere molto competitiva quando si parla di costi e di fatto la Cina fino al marzo 2025 era nella top ten dei fornitori abbigliamento USA.
I dazi non riusciranno a stravolgere più di tanto questa situazione: innanzitutto ci sono dei meccanismi di triangolazione ormai ben oliati che permettono ai prodotti di uscire dalla Cina, per essere terminati in un Paese vicino ed acquisirne quindi la provenienza. Le spedizioni verso il Bangladesh sono aumentate del 24% nell’ultimo anno, a conferma di questo. Inoltre per riuscire a prevenire questo tipo di rischi, i produttori cinesi dell’abbigliamento hanno acquisito fabbriche anche in Paesi stranieri, dove il costo del lavoro è più basso. Il fatto poi che la Cina resti competitiva, nonostante il livello medio del costo del lavoro sia più alto degli altri Paesi produttori, è un indice ulteriore dell’importanza dei sussidi per l’industria dell’abbigliamento, perché di fatto l’aumento di questi costi è assorbito da altri interventi.
Il cuore del motore delle esportazioni cinesi è il suo sistema di rimborsi IVA. Oggi, la maggior parte delle esportazioni di prodotti tessili e abbigliamento beneficia di un rimborso del 13% sull'IVA nazionale. Sebbene legale secondo le norme dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, il rimborso diventa di fatto un incentivo integrato all'esportazione se utilizzato strategicamente. Gli esportatori tessili cinesi beneficiano inoltre dell'accesso a finanziamenti a tassi inferiori a quelli di mercato da parte di banche statali, prestiti vincolati non al rischio, ma alle priorità politiche. Le aziende riconosciute per le loro performance nell'export possono beneficiare di uno sconto sul tasso di interesse fino al 10%.
Ci sono poi le varie politiche regionali, che hanno una forte influenza sull’industria locale: nella provincia del Fujian nel 2022, la città ha offerto 300.000 RMB alle aziende di abbigliamento che hanno superato il miliardo di yen di vendite, arrivando a 2 milioni di yen con un fatturato di 10 miliardi di yen. In Jiangsu, Zhejiang, Guangdong e Xinjiang, sussidi simili finanziano la partecipazione a fiere, premiano le esportazioni e compensano le tasse sotto forma di "sovvenzioni per l'innovazione".
Nello Xinjiang, i sussidi per l'energia sono stati utilizzati per attrarre strutture di filatura e tessitura nell'ambito del programma di sviluppo politico ed economico di Pechino. Proprio lo Xinjiang, che tutti conosciamo per i casi di lavoro forzato che sono stati accertati e che hanno portato ai divieti statunitensi ai sensi dell'Uyghur Forced Labor Prevention Act, i sussidi sono particolarmente generosi: dal 2018 al 2021, le aziende che si sono insediate lì hanno ricevuto terreni gratuiti, servizi a basso costo e fino a 260 dollari per lavoratore etichettato come "tirocinante", molte delle quali provenienti da controversi programmi statali.
Questo sistema crea sovrapproduzione: i sussidi incoraggiano le aziende a costruire di più, produrre di più ed esportare di più, anche quando la domanda non lo giustifica. Questo fa scendere i prezzi a livello globale, riducendo i margini in paesi come India, Pakistan e Bangladesh.
La materia prima gioca un ruolo importante. Molti Paesi che esportano capi finiti importano ancora tessuti e filati dalla Cina: i produttori tessili cinesi a monte possono offrire prezzi imbattibili, grazie al sostegno del Governo. Quindi, anche quando i marchi spostano la produzione di abbigliamento in Vietnam o in Cambogia, spesso si affidano ancora ai tessuti cinesi, mantenendo la Cina saldamente integrata nella catena di approvvigionamento. I produttori cinesi dominano il settore dei tessuti in poliestere, spandex e tecnici. Persino i Paesi che mirano all'autosufficienza tessile fanno ancora affidamento sulla Cina per fattori produttivi chiave. Se è vero che la produzione di massa è realizzata con il poliestere, il predominio cinese sul mercato resterà incontrastato.
Mi piace quando siete voi a suggerirmi dei temi: ringrazio quindi la cara amica che mi ha segnalato un articolo di Just Style di qualche tempo fa, scritto da Robert Antoshak che mi ha ispirato in questo approfondimento.
ALLO SMONTAGGIO DEGLI ABITI USATI CI PENSA L’IA
Bastano dieci secondi per smontare un abito usato, con un sistema basato sull’intelligenza artificiale e la tecnologia laser, che garantisce una preparazione al riciclo di qualità.
I ricercatori del Rochester Institute of Technology, in collaborazione con Nike, Goodwill e Ambercycle, hanno realizzato il prototipo di un macchinario che utilizza l'apprendimento automatico e la tecnologia laser per identificare e rimuovere elementi non riciclabili come cerniere, loghi e materiali misti.
Il processo inizia con una stazione di imaging alimentata da un nastro trasportatore, dove tre telecamere specializzate generano mappe multidimensionali ad alta risoluzione dei capi. Ciò consente un'analisi della composizione delle fibre al millimetro, consentendo un'identificazione precisa dei materiali. Il sistema sfrutta l'intelligenza artificiale e la visione artificiale per identificare e rimuovere gli elementi non riciclabili dagli indumenti.
Sono stati sviluppati algoritmi guidati dalla visione per identificare caratteristiche come loghi, colletti e polsini, interpretando al contempo i riflessi infrarossi per definire con precisione i tipi di fibre. I dati vengono quindi trasmessi a un sistema robotizzato di taglio laser che taglia le caratteristiche con precisione e velocità, senza danneggiare i materiali riutilizzabili. Una volta tagliati, i capi avanzano verso un portale robotizzato di smistamento, che deposita il materiale pulito in contenitori separati per il riciclo a intervalli di circa dieci secondi. Il sistema sarà sottoposto a ulteriori test con partner del settore nel corso dell'anno, per poi passare all'implementazione commerciale.
PROCESSO PFAS, SENTENZA STORICA A VICENZA
La Corte d'assise di Vicenza ha emesso 11 condanne, per un totale di 141 anni di carcere, nei confronti degli imputati ritenuti colpevoli del maxi-inquinamento da PFAS nelle acque e nelle falde acquifere del Veneto. “La Corte d’assise ha anche stabilito che alle parti civili, che sono oltre 300, spettino decine di milioni di euro in risarcimento: 58 milioni sono stati riconosciuti al solo ministero dell’Ambiente”, si legge nell’articolo del Post. Una sentenza storica, che rende giustizia a un territorio e a un movimento organizzato dalla società civile che non si è mai arreso ed ha cercato di ottenere giustizia. Speriamo che una parte di questi fondi vengano utilizzati per la bonifica, ad oggi una vera e propria sfida.
NON SARA’ LA UE A FERMARE QUELLO CHE MESSO IN MOTO
"Fit for 55" (in italiano, "Pronti per il 55%") è il pacchetto di riforme e regolamenti promosso dall'Unione Europea, parte del Green Deal europeo, con l'obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La CSRD (Corporate Social Reporting Directive), la CDDD (Corporate Due Diligence Directive) e la normativa contro il Greenwashing erano un tassello fondamentale di questa strategia. Uso il passato perché di fatto tutte e tre sono state di fatto annientate: cancellate, rimandate, depotenziate. Ma, nonostante tutto, credo che il cambiamento e la trasformazione non si blocchino per legge. Nel lungo percorso di confronto ed elaborazione di queste normative c’è stato anche un progressivo lavoro di adattamento e preparazione da parte del mercato a quello che stava accadendo. Le policy dei brand internazionali le hanno di fatto già integrate nelle loro policy, alcuni Paesi extra UE hanno iniziato a lavorare (e qualcuno ha anche già prodotto) a normative simili per non restare indietro. Concetti come la trasparenza, la responsabilità per la filiera, la comunicazione informata, la necessità di una serie di indicatori sui quali misurare tutti allo stesso modo, sono temi di cui si è discusso per mesi, per anni e quindi fanno parte del nostro modo di interpretare la transizione sostenibile. Non si blocca una trasformazione culturale così importante con il ritiro di una proposta legislativa. Non smetteremo di sentirci presi in giro da chi usa la sostenibilità come leva di marketing senza prendersi nessun impegno concreto, i claim non spetteranno di essere opachi perché non c’è più la direttiva. Non ha perso tempo chi la lavorato su questi temi; piuttosto ha perso tempo chi si è preso la briga di cancellare il lavoro di anni.
Buon caffè!
Da leggere:
La calzatura frena nel primo trimestre (-7%) - Fashion Network
Temu e AliExpress: prodotti per bambini ritenuti pericolosi - Fashion United
Design rigenerativo / I sei brand di moda che stanno tentando di cambiare le regole del sistema produttivo - Linkiesta
Quali scenari per il mondo della moda. Il punto all’estate 2025 a margine delle sfilate tra Milano e Parigi - ArtTribune
La prossima settimana uscirà un nuovo episodio del podcast, l’ultimo prima della pausa estiva, e spero di pubblicare anche un altro paio di cose. Vi anticipo che sabato 5 luglio invierò l’ultimo numero della newsletter e poi ci ritroveremo a settembre, con qualche novità.
Quindi se volete scrivermi, è questo il momento giusto per farlo: silvia@solomodasostenibile.it