Questa settimana vi sarà capitato di leggere almeno uno dei numerosi articoli usciti sulla vicenda del cotone brasiliano utilizzato da Zara e H&M, come riportato dal report “Fashion Crimes” della ONG inglese Earthsight. Un lavoro molto approfondito che mette in luce situazioni di grave sfruttamento dei lavoratori e i danni ambientali creati dalla deforestazione per aumentare la superficie delle piantagioni. Leggetelo, ne vale la pena. Il coinvolgimento dei due grossi brand ha sicuramente dato maggior eco alla notizia, ma credo che molti altri brand inconsapevolmente possano avere lo stesso problema. E questo problema potrebbe riguardare anche le aziende italiane, ci avete pensato?
SIETE SICURI DI CONOSCERE LA PROVENIENZA DEL COTONE CHE UTILIZZATE?
Cerco di spiegare meglio. Innanzitutto Better Cotton Initiative non è una certificazione. Ha l’ambizione di diventarlo ma oggi non lo è. Come dicono i promotori sul loro sito (consultatelo, è ricco di informazioni), BCI è la “più grande iniziativa mondiale di sostenibilità per il cotone”. Il loro obiettivo è “aiutare gli agricoltori a produrre cotone in modo più sostenibile”. Lo fanno coinvolgendoli in una attività di educazione e formazione, che è finanziata dalle quote che vengono pagate dagli utilizzatori e dai brand, sulla base del volume acquistato. Fino ad oggi BCI ha raccolto 100 milioni di euro. Facile da gestire, relativamente costosa, per molto tempo è stata scelta dai brand per poter dare un attributo di sostenibilità al cotone utilizzato senza mettere in piedi procedure troppe complicate.
Ma la vera domanda è: il cotone BCI è tracciabile? Ad oggi viene utilizzato il sistema di custodia del bilancio di massa: “è un sistema di monitoraggio del volume che consente di sostituire o miscelare Better Cotton con cotone convenzionale proveniente da commercianti o filatori lungo la catena di approvvigionamento, garantendo al contempo che la quantità di Better Cotton venduta non superi mai la quantità di Better Cotton acquistata”. Con questo modello la stessa BCI afferma che non è possibile garantire la tracciabilità del cotone utilizzato. Diverso è il modello della catena fisica di custodia, dove c’è anche una segregazione fisica del materiale e si seguono tutti gli step in maniera verificata e con documenti a supporto. Questo è il modello che BCI ha approvato a fine 2023 e che sarà operativo nel 2025.
In questo video potete capire meglio come funziona.
Il report di EarthSight ha seguito il viaggio di diversi carichi di cotone dal Brasile al luogo di destinazione. Ha scoperto che gran parte di questo cotone, prodotto in maniera insostenibile sia per l’ambiente che per i lavoratori, era destinato ad alcuni produttori di abbigliamento in Asia che sono anche fornitori dei due brand del fast fashion e quindi il cotone è finito nei prodotti di quei brand, che hanno pubblicizzato l’uso del cotone BCI nelle proprie collezioni.
Il cotone oggetto dell’indagine è stato coltivato da due delle più grandi aziende agricole del Brasile – SLC Agrícola e Horita Group – nello stato occidentale di Bahia, una parte del prezioso bioma del Cerrado, che è stato pesantemente deforestato negli ultimi decenni per far posto all’agricoltura su scala industriale. Le comunità che abitano queste zone da secoli sono state attaccate e la terra gli è stata sottratta.
Secondo Earthsight la revisione in corso del BCI che vi ho appena illustrato non sarà sufficiente a monitorare e garantire la sostenibilità e la legalità delle catene di approvvigionamento del cotone.
In generale, credo che sia necessario a livello aziendale fare chiarezza sulle certificazioni, sui sistemi, sui committment. Altrimenti si pensa di vendere cotone organico tracciabile, mentre la verità è che non si è in grado di garantire niente di tutto questo.
Mi rendo conto che può essere impegnativo seguire certi standard di certificazione, sottoporsi agli audit, tracciare le filiere: ma ad oggi non ci sono altre soluzioni per garantire la solidità di certe affermazioni che si fanno sul mercato. E quando garantite qualcosa a un cliente, dovete essere certi di avere lo strumento giusto a supporto. Altrimenti sono guai e si finisce con il finanziare filiere che non rappresentano i valori che vorreste promuovere.
SI CHIEDONO NORME PIU’ STRINGENTI SULL’EXPORT DEI TESSILI
Francia, Danimarca, Svezia, Finlandia e Austria si sono espresse a favore dell'assoggettamento delle spedizioni transfrontaliere di rifiuti tessili alle procedure di controllo della Convenzione di Basilea. Praticamente questo renderebbe obbligatori la notifica preventiva e il consenso per questo tipo di spedizioni e sarebbero trattati allo stesso modo di altri flussi di rifiuti problematici come la plastica e i rifiuti elettronici.
I Paesi che hanno presentato la richiesta hanno anche fatto notare che la nuove Direttiva sui Rifiuti (in corso di revisione) dovrebbe chiarire in maniera definitiva i criteri che differenziano i rifiuti tessili dagli abiti usati e quindi sono una parte dei tessili esportati sarebbe sottoposta alla restrizione. Verrebbe inoltre sancito il divieto di export per i rifiuti tessili pericolosi, contaminati da prodotti chimici o vernici
Adesso tocca al Consiglio europeo decidere: se ne riparlerà a primavera 2025.
ORA TOCCA A VOI!
Si chiuderà il 28 aprile la consultazione sulla Product Enviromental Footprint per calzature e abbigliamento. L’obiettivo è quello di raccogliere feedback l’emanazione di una normativa definitiva sulla PEF, che dovrebbe aiutare le aziende a calcolare le proprie prestazioni ambientali sulla base di informazioni affidabili, verificabili e comparabili. Si tratta di una consultazione molto tecnica, però qualcuno di voi potrebbe essere interessato a dire la sua. Partecipare è un modo concreto di partecipare. Ecco il link alla consultazione.
E ora vi lascio al vostro caffè! Buon weekend
La moda sostenibile in Giappone è un tema che ancora coinvolge poco i consumatori, per una serie di ragioni anche culturali. Viene invece dedicata grande attenzione alla tradizione e alle modalità di produzione lenta: l'azienda tessile giapponese Tamaki Niime ha deciso di investire nella creazione di prodotti 100% Made in Japan, creando anche alcune piantagioni di cotone e tingendo i suoi capi con tinture provenienti da piante locali. Me lo ha raccontato Diana Riccitelli, che lavora nell’azienda giapponese e che è una affezionata lettrice della newsletter.
Per me è stata anche l'occasione per fare un viaggio (virtuale) in Giappone per scoprire quanto il Paese stia investendo nella circolarità. In realtà il riciclo tessile deve ancora fare un bel po' di strada.
Leggete qui l’articolo completo.
Da leggere:
1. Decisione storica Usa: arrivano limiti rigorosissimi per i Pfas nell’acqua potabile - La Svolta
La ricetta dell’Agenzia europea per l’ambente per un’economia più circolare: andare oltre il riciclo e consumare meno - Economiacircolare.com
Moda e arredamento, crescono le connessioni dallo stile alle strategie retail - Il Sole 24 Ore
I falsi miti sui progetti di forestazione - Linkiesta
La prossima settimana ci sarà la Design Week a Milano e ci sono anche molti altri appuntamenti interessanti. Tenete gli occhi aperti. Vi segnalo dove potete trovarmi:
15 aprire ore 18,30 “Made in Italy with love, care and ethics” presso IADD Bologna in occasione della giornata nazionale del Made in Italy. Ci sarà un bel panel con tante voci interessanti. Qui potete trovare tutte le info e il link per iscrivervi.
17 aprile ore 15 al Cinemino a Milano ci sarà una proiezione di “Stracci”, all’interno della manifestazione “Il Giardino delle idee” organizzato da Condè Nast. Nel Chiostro del Museo Diocesano ci saranno tanti incontri e laboratori dedicati al design responsabile. Tanti spunti interessanti e una bella occasione per esplorare quello che sta accadendo in questo settore. E’ bellissimo poter avere “Stracci” all’interno di questo contesto. Qui trovate il programma completo dell’iniziativa.
Giovedì 18 alle ore 18,30 a Bologna a Galleria Cavour 1959 per il talk “La geografia della trasformazione”. Un dialogo sul rapporto tra sostenibilità e arte, partendo dalla collezione di Cristina Battistella. Qui il link per la prenotazione.
Ci siamo, anche per oggi ci salutiamo. Godetevi il sole. Per qualsiasi cosa scrivetemi a silvia@solomodasostenibile.it
Ricordatevi che sto allestendo la libreria dei materiali di SMS LAB. Se volete inviarmi qualche vostro campione o condividere qualche informazione, potete spedire a Silvia Gambi - Via Magnolfi, 35 - 59100 Prato. Vi ringrazio fin da ora!