

Discover more from Solo Moda Sostenibile Weekly
Facciamo un po’ il punto sulla proposta normativa sulla due diligence e la catena fornitura? Lo so quando si parla di leggi e policy la situazione si fa pesante, ma questo non significa che siano inaffrontabili. Disciplinari, capitolati, leggi, devono essere comprensibili per chi li usa, in primis le aziende. Altrimenti si crea un sistema in cui chi è tenuto al rispetto di certe norme, sente di subirle perché non le capisce e quindi non le sa applicare. Fare uno sforzo per renderle comprensibili, è il primo passo per farle anche rispettare: non devono essere patrimonio di conoscenza di pochi, ma anzi devono essere condivise con tutti!
L’anno scorso, la Commissione Europea ha introdotto la proposta di Direttiva sulla due diligence e sulla sostenibilità aziendale. Da allora, sono stati compiuti progressi significativi sul tema della due diligence in materia di diritti umani, sia all’interno di specifiche giurisdizioni che a livello di Unione Europea. Diversi Stati membri hanno adottato normative specifiche, come ad esempio la Germania.

La legge tedesca sulla due diligence della catena di fornitura applica obblighi di controllo alle imprese che hanno la loro amministrazione centrale, la sede, o una filiale in Germania e che devono impegnarsi per far rispettare gli standard ambientali e sui diritti umani nelle loro catene di fornitura. Introduce un elenco completo di obblighi, che include lo sviluppo di un sistema di gestione del rischio per la conformità. Descrive inoltre in dettaglio le misure preventive e correttive necessarie e rende obbligatorie le procedure di reclamo. La legge richiede documentazione e rendicontazione regolari e le violazioni sono soggette a multe salate. Dal 1 gennaio è entrata in vigore per le imprese con più di 3mila dipendenti (circa 600, in tutti i settori). Dal 1 gennaio 2024 verrà estesa anche a quelle con più di mille dipendenti; le piccole imprese sono coinvolte a cascata e anche in Italia diverse imprese in questi mesi hanno dovuto fare i conti con la nuova normativa.
All’interno della UE ci sono quattro posizioni diverse circa l’adozione da parte del singolo Pease di una normativa sulla due diligence.
Paesi che hanno regolamentato la questione. Tra questi ci sono la Germania, come ho appena detto, e la Francia, che l’ha adottata nel 2017. Il Portogallo ha adottato una legislazione sulla responsabilità sociale delle imprese, che impone alle grandi aziende di rendicontare le proprie attività ESG, ambientali, sociali e di governance.
Paesi che sono disposti a regolamentare, ma che hanno bloccato l’adattamento della legislazione a causa dell’imminente direttiva UE. ll Belgio ha presentato una proposta di legge per un obbligo di vigilanza nell’aprile 2021, ma il processo è stato bloccato in seguito all’annuncio della direttiva europea. Nei Paesi Bassi, l’11 marzo 2021 è stato presentato un disegno di legge: la proposta olandese è di più ampia portata rispetto alla legge sulla catena di fornitura dell’UE e sta incontrando una significativa resistenza in Parlamento a causa dei timori che un regime più rigido in i Paesi Bassi ostacolerebbero l’economia locale. Nel frattempo, l’Austria ha un progetto di legge sulla responsabilità sociale, ma è in fase di stallo per gli stessi motivi. Anche la Spagna ha adottato un progetto di legge preliminare, che però è rimasto in sospeso dallo scorso maggio.
Paesi che non hanno una regolamentazione generale ma regolamentano settore per settore. L’Austria, per esempio, ha regolamenti sull’edilizia, sulle energie rinnovabili e sulla finanza, che sono applicabili a tutte le aziende, indipendentemente dalle loro dimensioni. In Svezia, il codice ambientale tocca argomenti rilevanti per l’UE Supply Chain Act, anche se senza gli stessi obblighi e formalità di due diligence.
Paesi che sono ancora fermi. Malta, Croazia e Slovacchia sono fortemente colpite dalla legge tedesca. Albania, Bosnia, Erzegovina e Serbia non fanno parte dell’UE, ma le loro economie sono fortemente dipendenti dal commercio con l’UE e la loro legislazione è, quindi, armonizzata con quella dell’UE.
L'Italia non ha ancora adottato una normativa specifica in materia, ma il decreto legislativo 231/2001, include nel proprio campo di applicazione specifiche violazioni dei diritti umani, nonché gravi reati ambientali. Presso il Ministero dello Sviluppo Economico, è attivo il Punto di Contatto Nazionale OCSE, organo finalizzato a garantire l'applicazione efficace delle “Linee Guida destinate alle imprese multinazionali”.
In sintesi, qual è il principale timore nell’adozione di un sistema di due diligence che coinvolga anche le aziende di piccole e medie dimensioni? L’aumento degli oneri amministrativi e delle spese, che potrebbero avere un impatto diretto sulla competitività delle imprese. Per questo molti dei Paesi che erano in procinto di adottare una legislazione simile hanno deciso di aspettare per armonizzare le loro proposte con gli obblighi dell’UE ed evitare di essere troppo severi e, quindi, meno competitivi.
AUDIT E CONTROLLI, UN NUOVO STUDIO IN BANGLADESH Gli audit sociali e le certificazioni utilizzati dai brand sono efficaci per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori? Assolutamente no, secondo il nuovo report di Human Rights Watch, che ha analizzato i report di audit social di alcune fabbriche in Bangladesh. Secondo l’organizzazione, la maggioranza degli audit affronta a malapena la questione della libertà di associazione e sono del tutto inefficaci per affrontare questioni più delicate come discriminazioni, molestie, lavoro forzato.
Human Rights Watch afferma che in un contesto come questo che è possibile che si verifichino fatti drammatici come l’omicidio di Shahidul Islam, avvenuta lo scorso giugno. Islam, un leader sindacale indipendente, è stato ucciso mentre lasciava una fabbrica gestita dalla Prince Jacquard Sweater Ltd. dopo aver tentato di mediare a nome dei lavoratori dell'industria tessile sul mancato pagamento dei salari. La fabbrica era stata sottoposta ad audit nell'ambito di due sistemi di audit sociale comunemente utilizzati.
In Bangladesh il problema sindacale è grave. Qui hanno preso forma i cosiddetti “sindacati gialli”, istituiti o controllati dai datori di lavoro e che violano il diritto dei lavoratori alla libertà di associazione ai sensi del diritto internazionale sui diritti del lavoro.
L’incapacità delle autorità del Bangladesh e dei produttori di abbigliamento di frenare gli abusi al diritto di operare dei sindacati indipendenti, collegati alla crescita dei “sindacati gialli”, ha contribuito alla violenza e alle molestie nei confronti dei sindacati e dei lavoratori indipendenti. I marchi in genere si affidano a programmi di audit o certificazione sociale standard. Si tratta di ispezioni private, solitamente condotte da società di revisione per valutare il rispetto dei loro codici di condotta e della normativa locale sul lavoro. Queste ispezioni vengono condotte nell’arco di pochi giorni e in genere pagate da marchi o fornitori, con i lavoratori intervistati all’interno degli stabilimenti, che non è uno spazio sicuro in cui i lavoratori possono parlare apertamente delle loro condizioni di lavoro. Inoltre questi rapporti di audit non vengono pubblicati.
“Le leggi che impongono a marchi e rivenditori di condurre una due diligence sui diritti umani e sull’ambiente non dovrebbero consentire che gli audit e le certificazioni sociali da soli costituiscano una prova sufficiente della due diligence”, affermano i vertici di Human Rights Watch.
Ed ecco il collegamento con il tema di apertura. E’ necessaria una normativa sulla due diligence obbligatoria, per garantire il rispetto dei diritti lungo la catena di fornitura: ma come rendere efficace questo controllo senza affidarsi a sistemi che si sono mostrati inefficaci?
Buona lettura e buon caffè!
In media, gli australiani acquistano 56 capi di abbigliamento all’anno e producono e importano oltre 1,4 miliardi di nuovi indumenti, per lo più realizzati con materiali non sostenibili e non durevoli. Sono il secondo Paese per consumo di fast fashion, un primato che il Governo con il Seamless Clothing Stewardship Scheme, appena approvato, vorrebbe perdere. Ne ho parlato con Tiziana Ferrero-Regis, professoressa associata alla Queensland University of Technology, dove insegna costume e moda.
Ascolta l’episodio su Spotify, Google Podcast, Apple Podcast oppure sul sito Solo Moda Sostenibile.
Da leggere:
Luci e ombre sulle calzature made in Italy: aumenta il fatturato ma calano i consumi - Il Sole 24 Ore
L’Italia, con gli Usa, è il maggior finanziatore di fossili al mondo - La Svolta
Cosa ci dicono gli addii e gli esordi più recenti sullo stato di salute della moda? - Linkiesta
Come fanno i designer emergenti a pagarsi gli show? - NSS Magazine
Se sei un libero professionista, risiedi in Toscana e vuoi partecipare al Corso di Alta Formazione in Management della Filiera Moda Sostenibile, ci sono ottime notizie: sono appena usciti i voucher della Regione Toscana che coprono il costo del corso. Potete leggere il bando qui.
Se siete interessati ad avere maggiori informazioni sul percorso formativo, ci vediamo il 21 settembre alle ore 16 per l’open day on line: potete registrarvi qui e risponderò a tutte le vostre domande.
La prossima settimana ci sarà anche la conclusione della seconda edizione del corso, con la presentazione dei project work: vi racconterò che lavori stupendi sono venuti fuori!
La settimana scorsa vi ho presentato il Natural Fiber Connect, che si svolgerà a Biella il 28 e 29 settembre. Ci sono tante realtà che parteciperanno, e che daranno vita a un interessante dibattito sul tema delle fibre naturali, di opportunità e rischi. Potete leggere il programma qui.
Oggi lasciatemi spendere due parole sulla Conferenza sul riciclato che si svolgerà a Prato il 27 settembre alle 9, nella sede pratese di Confindustria Toscana Nord. La conferenza rappresenta l’occasione per parlare di fibre riciclate, ma soprattutto per parlare con Textile Exchange della revisione del GRS, il Global Recycling Standard, la principale certificazione nelle transazioni di materiale riciclato. Quando un disciplinare viene costruito per rispondere alle necessità di tante realtà diverse, si rischia che contenga delle previsioni che ostacolano il lavoro delle aziende perché non si conoscono situazioni specifiche. Per questo il dialogo è fondamentale e il 27 a Prato è un incontro che ha proprio l’obiettivo di trovare delle soluzioni condivise. Qui il programma.
PS: vi ricordo che ci sono dei codici sconto per la conferenza di Biella per i lettori di Solo Moda Sostenibile:
50US$ di sconto per la partecipazione in persona a Biella: NFC23SMS (il codice da inserire in fase di registrazione)
25 US$ di sconto per la partecipazione virtuale: VirtualNFC23SMS
Ed eccoci al momento di salutarci. Questo è un settembre denso di appuntamenti: se siete in giro e vi va di raccontarmi qualcosa, anche perché io non riesco a seguire tutto! Scrivete a silvia@solomodasostenibile.it