#110 La trasparenza ci sta stretta?
La newsletter di Solo Moda Sostenibile
La trasparenza è un tassello fondamentale in una strategia di sostenibilità, su questo non ci sono dubbi: se un brand non mette a disposizione le informazioni relative alle proprie policy, agli impatti ambientali e sociali, alla catena di fornitura, non ci può essere nessuna strategia di sostenibilità. E su questo siamo tutti d’accordo. Poi però se si scava a fondo per capire come viene valutata questa trasparenza, qualche dubbio sorge spontaneo. E’ appena uscita la settimana edizione del Fashion Transparency Index di Fashion Revolution: un lavoro enorme, come sempre, che ha preso in considerazione 250 brand, classificati in base alle informazioni che divulgano sulle loro politiche, pratiche e impatti sociali e ambientali, nelle loro operazioni e nella catena di approvvigionamento.

Sul podio, per il secondo anno consecutivo, c’è il gruppo italiano OVS, che ha raggiunto il 78% del punteggio, ma che quest’anno condivide il primo posto con Target Australia e con Kmart Australia. Al secondo posto, ma con uno stacco di 12 punti, ci sono H&M, Timberland e The North Face. Probabilmente l’attribuzione del punteggio è fatta sulla base della documentazione che è resa disponibile sui siti: così si può spiegare come in un solo anno i due brand austrialiani siano riusciti ad incrementare il 22% del proprio punteggio.
Infatti se si va ad analizzare quali sono le sezioni che registrano i punteggi migliori, sono quelle relative a policies and commitments (51% di media) e quelle relative alla governance (34%). La tracciabilità si ferma al 21%. Così facendo ho l’impressione che si faccia conquistare il podio a chi ha messo un team di persone al lavoro per preparare una bella strategia sulla carta, ma che non ci sia spazio per valutare qual è l’impegno reale su quelle policy. Ad esempio sulla app di Good on You sia Target Australia che KMart Australia hanno praticamenre raggiunto un punteggio di 2 su 5.
Mi rendo conto che è difficile dare un punteggio alla concretezza di un impegno: se devi fare un regolamento, lo fai e lo rendi disponibile sul sito. Capire se poi viene effettivamente applicato è un altro tipo di lavoro. Però in questo modo mi sembra che quel podio sia un regalo in termini di comunicazione fatto a chi è stato più bravo a costruire una strategia sulla carta.
Dal Transparency Index emergono comunque dati interessanti, che ci fanno capire che c’è ancora tanta strada da fare:
solo il 48% dei brand pubblica la lista dei propri fornitori Tier 1, praticamente quelli che fanno il confezionamento dei capi;
il 96% dei brand non pubblica niente sul numero dei lavoratori della supply chain e non fornisce informazioni se gli viene pagato almeno il living wage;
l’85% dei brand non dichiara il proprio volume di produzione e nessuno fornisce informazioni sull’invenduto;
solo il 37% dei brand fornisce informazioni sui materiali sostenibili che utilizza.
Ci sono molti altri dati interessanti ed è possibile anche controllare le tabelle con i dati sulle singole risposte. Secondo voi cos’è la trasparenza?
FLASH SUL COTONE E’ uscito il report sulla Sustainable Cotton Challenge promossa da Textile Exchange, che coinvolge 162 aziende che hanno firmato l’impegno a rifornirsi del 100% del proprio cotone entro il 2025 da uno dei programmi riconosciuti da Textile Exchange. Si tratta di certificazioni e agreement valutati dall’organizzazione americana e ritenuti affidabili per costruire la propria strategia di sostenibilità. Spesso mi chiedete indicazioni, magari da qui vi viene qualche idea.
BIORICLAGGIO DEL POLIESTERE L’azienda chimica Carbios ha appena costittuito un consorzio con Patagonia, Puma e Salomon per spingere ulteriormente la sua tecnologia di bioriciclaggio. L'industria della moda non sarà in grado di raggiungere i suoi obiettivi di sostenibilità riciclando le bottiglie in PET.
Per rimanere all'interno del percorso di riduzione di 1,5 gradi della temperatori raccomandato dall'Intergovernmental Panel on Climate Change, la quota di fibra/filamento riciclato meccanicamente all'interno del mercato del poliestere deve passare dal 14% attuale al 90% entro il 2030. Secondo Textile Exchange entro il 2025 rPET deve comprendere almeno il 45% del mercato del poliestere della moda – ciò equivale a circa 17,1 milioni di tonnellate. Questi 17,1 milioni di tonnellate di materiale riciclato hanno lo scopo di sostituire le materie prime sintetiche vergini piuttosto che cannibalizzare altre categorie di fibre o giustificare una maggiore crescita del settore.
Ecco che entra il gioco il processo di bioriciclaggio sviluppato da Carbios. E’ progettato per utilizzare un enzima per scomporre qualsiasi tipo di PET nei suoi componenti di base, che possono quindi essere riutilizzati per produrre nuova plastica PET equivalente, ancora e ancora. Estraendo selettivamente il poliestere, la tecnologia consente per la prima volta di recuperare il poliestere PET, presente in tutti i rifiuti tessili e non riciclabile con le tecnologie convenzionali.
I quattro nuovi partner del consorzio lavoreranno ora con Carbios per studiare come riciclare i loro prodotti e sviluppare soluzioni per il ritiro degli articoli in poliestere usurati, comprese le tecnologie di smistamento e smontaggio. Nel 2021 Carbios ha aperto un impianto dimostrativo a Clermont-Ferrand, in Francia.
IMPACT REPORT DI GUCCI Questa settimana è uscito l’Impact Report di Gucci, un documento agile, di facile lettura. Ho notato che quest’anno i documenti di rendicontazione sulle strategie di sostenibilità innanzitutto sono stati chiamati “Impact Report” da molti brand, forse per non fare confusione con il bilancio di sostenibilità, che è un’altra cosa. E che poi questi documenti si sono fatti più leggeri, ma anche leggibili: secondo me rovesciare su un lettore centinaia di dati che non è nemmeno in grado di interpretare, non è trasparenza, ma crea solo confusione. L’Impact Report di Gucci è un bel compromesso: informa ma non appesantisce.
“La nostra visione di un lusso “responsabile” comprende la trasformazione dell’intera filiera in modo da restituire alla natura, - commenta il CEO e Presidente Marco Bizzarri nella introduzione - e non solo minimizzare il nostro impatto su di essa, come abbiamo fatto attraverso la riduzione di alcuni indicatori chiave, tra i quali le emissioni di gas serra, o gli scarti di produzione. La caratteristica più sorprendente è che per farlo possiamo avvalerci della nostra stessa supply chain”.
L’elemento “People” è al centro del report e in effetti Gucci negli ultimi mesi ha parlato spesso di diversità e inclusione, anche con iniziative interessanti. Per la parte ambientale, mi è caduto l’occhio sulla parte relativa ai materiali responsabili nelle loro collezioni: sulle fibre animali e sulla pelle metal-free c’è ancora molto da lavorare. Ma il cambiamento è proprio dai grandi brand che deve partire.
Anche se, e torno al tema iniziale, per l’ennesima volta sono i brand del fast fashion a guidare la classifica del Transparency Index: come dobbiamo intrpretarlo? Sono più bravi a comunicare? Oppure, avendo iniziato prima a parlare di sostenibilità, sono loro ad aver tracciato la direzione dello storytellig e gli altri non possono fare altro che rincorrerli?
BUONI PROPOSITI Ogni settimana è diventato difficile fare una selezione di tutto quello che vorrei dirvi, perché vorrei raccontarvi sempre tante cose. Però mi rendo conto che vi scrivo già abbastanza, rischio di annoiarvi. Spero che l’estate mi porti consiglio, perché ho un sacco di domande alle quali vorrei trovare una risposta. La mia newsletter sta diventando troppo tecnica? ci sono troppi contenuti? dovrei fare una newsletter più agile e poi fare gli approfondimenti usando uno strumento diverso? e voi sareste disposti a sostenere questo lavoro? Se avete voglia, scrivetemi le vostre impressioni. Io ho una bella lista di compiti per le vacanze, e voi?
Mi raccomando:
guardate “Stracci” se ancora non l’avete fatto e condividete con amici e parenti;
recuperate le newsletter che vi siete persi, non invecchiano!
tenete d’occhio il sito e i miei social, sicuramente scriverò qualcosa di nuovo, altrimenti non restisto.
e infine, ma non meno importante: “Non andate nei pericoli”, come diceva la nonna.
E poi sorridete sempre, risolve un sacco di problemi.
A presto
Da leggere:
Il riciclo dei tessuti in Europa può far risparmiare 4 milioni di tonnellate di CO2 e portare 2 miliardi di profitti - Corriere.it
Sri Lanka: il default del dodicesimo fornitore d’abbigliamento di USA e UE - Fashion Network
Progettare la sostenibilità - Per immaginare come sarà il futuro dobbiamo guardare al design - Linkiesta
Se la moda continua a investire in inclusività e diversità, come mai i risultati scarseggiano? - Elle.it
Perché dobbiamo smettere di pensare che la moda possa risolvere tutti i problemi del mondo - ID Moda
E’ tutto pronto per il lancio della seconda edizione del Corso di Alta Formazione in Management della Filiera Moda Sostenibile organizzato dal PIN - Polo Universitario Pratese e diretto da me. La prima edizione del corso, che si concluderà a ottobre con la presentazione dei project work, è stata entusiasmante, sia per la bellissima classe con la quale ho lavorato che per l’alto livello di preparazione dei docenti. Si è creata una bellissima interazione, dove professionisti provenienti dalle imprese della catena di fornitura si sono confrontati con altri professionisti che operano all’interno dei brand. E tutti abbiamo imparato qualcosa.
Adesso siamo pronti al lancio della seconda edizione, con qualche novità e aggiustamento: il corso è rivolto, come sempre, a professionisti del settore, che potranno approfondire tematiche che devono affrontare nel loro lavoro quotidiano. Come dicevo anche per la prima edizione, è un corso “PRO”, per chi già opera in azienda.
Le lezioni inizieranno il 5 novembre, ma le iscrizioni si chiuderanno molto prima. I posti disponibili sono solo 20 e sono riservati ai primi 20 iscritti in possesso dei requisiti di accesso. Nella prima edizione sono andati esauriti velocemente, vi avverto. Da lunedì sul sito del PIN saranno disponibili tutte le informazioni aggiornate sulla seconda edizione: clicca qui.
Se volete avere maggiori informazioni, vi consiglio di iscrivervi all’Open Day on line che si svolgerà il 27 luglio alle ore 17: ecco il link per prenotare il vostro posto virtuale. In quell’occasione vi illustrerò tutti i dettagli del corso. Potete anche scrivermi, se avete dei dubbi: silvia@solomodasostenibile.it
Da settembre sul blog dedicherò una sezione alle tesi sulla moda sostenibile: se vi siete laureati da poco, una volta al mese ci sarà uno spazio per far conoscere il vostro lavoro, e magari creare qualche connessione utile. Il blog ha 150 mila visite all’anno, quindi può essere l’occasione per condividere con una community interessata al tema quello che avete fatto.
Se siete interessati/e scrivetemi a silvia@solomodasostenibile.it, sintetizzando il vostro lavoro in poche righe. Leggerò con attenzione e poi vi farò sapere se sarà pubblicato: in quel caso dovrete scrivere un articolo di circa 4/5 mila battute, accompagnato da qualche immagine e da una vostra bio. Ho già iniziato a ricevere delle proposte interessanti, non fermatevi!
A questo punto che faccio? Vi saluto e vi auguro di trascorrere un’estate serena, qualunque cosa farete. Io sarò sempre operativa, ma mi dedicherò alla programmazione dei prossimi mesi, mettendo ordine tra mille idee. Scrivetemi, non fatemi sentire sola: silvia@solomodasostenibile.it
Questa newsletter è frutto di un attento lavoro di ricerca. E’ un lavoro che svolgo in maniera autonoma e indipendente. Se vuoi supportarmi, offrimi un caffè.
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