Ci penso da diversi giorni e non vi nascondo che questo tarlo che mi è entrato nella testa ha anche contagiato le mie ricerche per la newsletter di questa settimana. E’ uscito il Digital News Report di Reuters, l’analisi più autorevole sullo stato dell’informazione. Basato su 6 mila interviste svolte in 57 Paesi, il report evidenzia che il 39% degli intervistati afferma che a volte o spesso evita le notizie (+3% su anno) con aumenti più significativi in Brasile, Spagna, Germania e Finlandia. Perché scansare le notizie, mi sono chiesta. E poi mi sono resa conto che siamo circondati da cattive notizie, raccontate, ingigantite, rielaborate, costruite per farci cliccare sui siti internet e creare traffico e visualizzazioni pubblicitarie. Peccato che questo modo di narrare il mondo genera anche molta ansia, si ha l’impressione di vivere nel peggiore dei mondi possibili, dove ci sono solo problemi e non ci sono soluzioni.
Le buone notizie non fanno notizia, insomma, nemmeno nel mondo della moda. E’ più facile parlare di casi di greenwashing o danni ambientali piuttosto che di progressi o di innovazioni. Questa considerazione vale anche per me, per quello che scrivo ogni settimana. Però è davvero difficile dare una buona notizia, anche se credo che condividere progressi e innovazioni sia fondamentale. Solo che a volte la buona notizia diventa anche il suggerimento di una buona pratica da seguire, un esempio da prendere a modello. Ed è bruttissimo quando si indica un esempio positivo e poi ci si rende conto che i messaggi non sono chiari, che c’è dell’opacità nell’azione. Ci si sente un po’ traditi.
La paura di incorrere nel greenwashing ci rende diffidenti, e spesso non ci sono gli strumenti per difenderci. Quante volte vi ho detto che se ci fossero delle norme chiare, forse sarebbe più semplice per tutti orientarsi. Invece la troppa libertà nel modo di affrontare temi delicati come l’impatto sociale o ambientale, finiscono per lasciare all’azienda la libertà di condividere dati ed esperienze nella maniera che gli è più congeniale, ma non sempre realistica.
Mi è capitato proprio questa settimana, nel corso di una lezione con un’azienda, di citare un caso internazionale molto noto come esempio di responsabilità sociale. Ma dopo un’analisi più attenta che abbiamo fatto in modo condiviso non ero più così sicura dell’autenticità di quel racconto, c’era qualcosa che veniva raccontata perché “ci stava bene”, “ per sembrare buoni”. Cosa può portarci fuori strada nelle valutazioni?
la grafica curata: è vero che la forma è diversa dalla sostanza, ma il nostro primo giudizio è sempre collegato alla confezione più che al prodotto;
la presenza di dati e di grafici: siamo portati a pensare che i numeri dicano sempre la verità, ma in realtà il dato può essere trattato in molti modi diversi e può essere piegato per rafforzare il messaggio che si vuole dare;
la lunghezza dei report: se sono molto lunghi, siamo portati a pensare che siano più approfonditi;
la reputazione: leggiamo con approccio positivo i report delle aziende che hanno una migliore considerazione sul mercato.
Tutti questi aspetti influenzano il nostro giudizio perché alla fine ognuno può creare il proprio report di impatto o di sostenibilità toccando gli aspetti che preferisce. Non si fa mai una valutazione su quello che manca, ma solo su quello che c’è. Fa una grande differenza.
Abbiamo bisogno di buone notizie, di sapere che ci sono delle aziende, delle persone, che sono riuscite a cambiare le cose, a trasformare con azioni piccole o grandi il mondo della moda in cui tutti lavoriamo. Di questo sono convinta e sto sempre molto attenta alle storie che scelgo di condividere con voi.
Allo stesso tempo so anche che ci sono aziende che fanno delle iniziative molto interessanti, che hanno un impatto positivo, che si mettono alla prova esplorando nuove soluzioni, ma lo fanno senza raccontare niente a nessuno. Un po’ perché troppo concentrate sulla quotidianità del lavoro, ma anche per evitare di avere l’atteggiamento da primo della classe. Invece è importante condividere queste esperienze, raccontarle ai clienti, ai dipendenti, agli stakeholder (fatemi usare questa parola ogni tanto!). Una buona notizia tenuta in un cassetto non riesce a sprigionare il suo potere, non diventa una buona pratica da emulare.
Comunicare è importante, ma è importante farlo bene, con competenza. E qui si aprirebbe un altro capitolo.
Cosa ne pensate?
RIGHT TO REPAIR
Nelle ultime settimane abbiamo ripercorso tutte le normative europee in corso di approvazione, per capire in quale direzione stanno andando. Non abbiamo parlato del diritto alla riparazione, introdotto per combattere l’overproduction e allungare la vita dei prodotti.
La direttiva prevede una serie di strumenti concreti per garantire il diritto del consumatore alla riparazione:
Il diritto dei consumatori di richiedere ai produttori di riparare i prodotti che sono tecnicamente riparabili compresi gli elettrodomestici, come lavatrici e televisori. Ciò garantirà che i consumatori abbiano sempre qualcuno a cui rivolgersi quando scelgono di riparare i propri prodotti, oltre a incoraggiare i produttori a sviluppare modelli di business più sostenibili;
L’obbligo del produttore di informare i consumatori su quali prodotti devono riparare autonomamente, anche con delle indicazioni pratiche;
La creazione di una piattaforma di riparazione online per mettere in contatto i consumatori con riparatori e venditori di beni ricondizionati nella loro zona. La piattaforma consentirà ricerche per località e standard di qualità, aiutando i consumatori a trovare offerte interessanti e aumentando la visibilità per i riparatori;
Un modello europeo di informazioni sulla riparazione, che i consumatori potranno richiedere a qualsiasi riparatore, apportando trasparenza alle condizioni di riparazione e ai costi e rendendo più semplice per i consumatori confrontare le offerte di riparazione;
Verrà sviluppato uno standard di qualità europeo per i servizi di riparazione per aiutare i consumatori a identificare i riparatori che si impegnano a garantire una qualità superiore. Questo standard di “riparazione facile” sarà aperto a tutti i riparatori in tutta l’UE disposti a impegnarsi a rispettare standard minimi di qualità, ad esempio basati sulla durata o sulla disponibilità dei prodotti.
La direttiva dovrebbe entrare in vigore alla fine di questo mese, e gli Stati membri avranno poi 24 mesi per recepirla nella legislazione nazionale.
Quale migliore incentivo a creare prodotti che durino più a lungo.
PATAGONIA VOLA TROPPO?
Qualche mese fa Report e Greenpeace avevano pubblicato un’inchiesta sugli e-commerce e l’impatto ambientale dei voli utilizzati per gli acquisti e i resi dalle piattaforme online.
Adesso una indagine di Follow The Money (una piattaforma di informazione indipendente che pubblica molte inchieste) ha indagato sui mezzi di trasporto utilizzati dai principali brand non solo per gli acquisti, ma anche per i passaggi intermedi tra fornitori, e ha puntato il dito sulle performance di Patagonia.
Ecco il quadro generale.
Secondo l’indagine tra giugno 2023 e maggio 2024, ha coinvolto oltre 1.300 voli dai paesi produttori Vietnam, Sri Lanka e Bangladesh verso i mercati di Europa e Stati Uniti. Inditex, Asos e Uniqlo fanno molto peggio. Ma per la regola dell’informazione, puntare il dito su Patagonia, che è percepito come uno dei brand più responsabili sul mercato, rende la notizia più virale.
Un portavoce di Patagonia ha commentato: “I nostri tempi di produzione sono pianificati in modo tale che tutti i prodotti finiti vengano trasportati fino a noi via terra e acqua, anziché via aria. Occasionalmente si verificano ritardi o problemi inevitabili nella produzione, il che significa che consideriamo il trasporto aereo come un’opzione di ultima istanza. Utilizziamo il trasporto aereo solo in circostanze eccezionali, dove evitarlo creerebbe prodotti inutilizzati."
L’articolo specifica che nelle statistiche presentate mancano la cinese Shein, che in pochi anni è diventata la più grande marca di fast fashion al mondo, e la concorrente Temu, che oltre ai vestiti offre anche elettronica a buon mercato e arredamento per la casa.
A differenza dei marchi di moda convenzionali, che prima spediscono i loro prodotti ai centri di distribuzione per poi inviarli ai negozi fisici o da lì ai consumatori, Shein e Temu inviano i loro prodotti dal sito di produzione direttamente ai consumatori.
Trattandosi di piccoli pacchi contenenti alcuni capi di abbigliamento, non sempre risultano nei dati, ma arrivano in aereo. Secondo l'agenzia di stampa Reuters, Shein utilizza circa 5.000 tonnellate di capacità di trasporto aereo di merci al giorno in tutto il mondo e Temu 4.000 tonnellate. Ciò equivale a 90 voli al giorno, presupponendo una capacità di carico media di circa 100 tonnellate per volo.
Nel complesso, l’industria della moda ha rappresentato circa l’11% dei voli cargo verso l’Unione Europea nel 2023, come mostra un’analisi dei dati Eurostat.
IL MINISTERO VUOLE CONOSCERE LA VOSTRA OPINIONE
Il Dipartimento del Tesoro ha aperto la consultazione pubblica sul Documento per il dialogo di sostenibilità tra PMI e banche. Nei prossimi mesi anche alle PMI sarà chiesto di comunicare al mercato le informazioni attinenti agli impatti, ambientali, sociali e di governance (ESG) delle loro attività. A fronte di questo sforzo le PMI potranno ottenere significativi benefici, in termini di misurazione dei rischi e pianificazione dei propri investimenti; miglior accesso ai finanziamenti, con minori costi e condizioni agevolate.
Il “Dialogo di sostenibilità tra PMI e Banche” che raccoglie 45 informazioni di sostenibilità organizzate in cinque sezioni tematiche e ispirate ad un criterio di proporzionalità in funzione della dimensione dell’impresa. La consultazione è stata aperta per sapere cosa ne pensa il mondo delle imprese di questo documento e delle richieste contenute. Io l’ho trovato anche interessante per capire quali sono le informazioni che è importante misurare, per tornare al tema di apertura.
Qui potete trovare maggiori informazioni sugli indicatori che sono stati individuati.
Le imprese sono invitate a partecipare, rispondendo a questo schema di domande. I contributi dovranno essere inviati entro il 2 agosto 2024 via mail all’indirizzo segreteriatecnica.tfs@dt.tesoro.it, al quale sarà possibile inviare anche eventuali domande o richieste. Far sentire la propria voce è importante, lo sapete!
CARINO E COCCOLOSO
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Prima di lasciarvi, vi consiglio una lettura da Il Tascabile: “Carini e coccolosi - Perché l’estetica cute è d’ostacolo al riconoscimento dell’alterità animale”. Avete mai pensato alle strategie di marketing che utilizzano gli animali e i cuccioli di animali facendo leva sulla tenerezza che possono suscitare. Sono sempre rappresentati in modo infantile, divertente: mi vengono in mente decine di foto di pecore e alpaca con espressioni simpatiche, per mettere in moto il lato tenero che c’è in noi. Ma attribuire espressioni e comportamenti umani agli animali ci avvicina davvero a loro? “L’estetica cute sembra allontanarci di più dalla comprensione dei bisogni degli animali e dall’accettazione del loro essere altro da noi”, si legge nell’articolo, che vi consiglio di leggere.
Adesso basta, sono stata troppo lunga anche oggi. Vi saluto velocemente e vi lascio al vostro caffè!
Credo che l'innovazione sociale potrà riuscire a creare quella trasformazione nel mondo della moda di cui parliamo da tanto tempo. Qualsiasi modello di business che non prende in considerazione questo aspetto, non riuscirà mai a rappresentare un cambiamento concreto. Così come le misurazioni che prendono in considerazione solo gli aspetti ambientali senza contare quelli sociali, rappresentano solo una fotografia parziale di un prodotto.
Le persone vogliono che si parli delle persone.
Mi sono interrogata su questo tema nell'articolo che ho scritto per Global Fashion Agenda e che avete ricevuto nella loro newsletter, se siete abbonati.
Potete leggere qui.
Da leggere:
Quando la moda si dedica a altro - NSS Magazine
Amazon ora vale 2.000 miliardi di dollari, espande il portfolio beauty e apre un webstore discount contro Temu e Shein - Fashion Network
Si fermerà la corsa ai rincari delle borse di lusso? - Fashion United
Most Sustainable Companies: 20 le italiane tra cui Moncler, Ferragamo e Cucinelli - Fashion Magazine
Nubi sul tessile italiano, che nel 2023 perde l’11%. Ma le imprese lavorano alla ripresa - Il Sole24 Ore
Il 2 luglio sarò in fiera a Premiere Vision. Se ci siete scrivetemi, così ci incontriamo. Potete trovarmi qui, insieme a tanti speaker interessanti.
Ci siamo, anche per oggi ci salutiamo qui. Ci ritroviamo la prossima settimana. Ho già iniziato a lavorare sulle iniziative per l’autunno, scrivetemi se avete qualcosa da propormi: silvia@solomodasostenibile.it
Ricordate che è operativo anche SMS LAB e che possiamo sviluppare delle iniziative concrete insieme.
Mi sento tirato in causa, è un ms limite non raccontare. Hai pienamente ragione