#191 Impronta delle fibre, cosa dice la normativa sui Green Claims
La newsletter di Solo Moda Sostenibile
In queste due settimane ci sono stati nuovi scontri nella battaglia tra fibre naturali e fibre sintetiche. Nonostante il coinvolgimento di milioni di persone toccate dalla produzione di fibre naturali, le fibre sintetiche, con il loro potere economico, sembrano avere la meglio. E la questione si sta facendo sempre più difficile da gestire perché non si tratta di progettare un sistema in cui le due tipologie di fibre possono convivere, ma piuttosto quello di cercare di definire un percorso che vada a valutare come meno impattanti le fibre fossili rispetto a quelle naturali, fornendo argomentazioni che potrebbero confondere i consumatori fino a ridurre la loro presenza sul mercato.
Cerco di andare con ordine. Qualche giorno fa un collettivo di agricoltori ha inviato una lettera aperta al Consiglio dell’UE esprimendo preoccupazione sull’uso della PEF (impronta ambientale del prodotto) all’interno della proposta di direttiva Green Claims, quella che dovrebbe contrastare il greenwashing.
La lettera ha raccolto oltre 600 firme da tutto il mondo, tra cui Carlo Petrini, fondatore del movimento Slow Food, Arizona Muse e Gobi Cashmere Corporation, in rappresentanza di 189.000 famiglie di pastori, insieme a centinaia di migliaia di agricoltori.
La missiva è partita in vista della riunione del Consiglio Europeo del 17 giugno, nel corso della quale il Consiglio doveva approvare la bozza di normativa, che sarà discussa dal Parlamento appena insediato. Nel corso di quella riunione i firmatari sostenevano che la PEF sarebbe stata inserita come metodologia ufficiale per la misurazione degli impatti: da qui è partita la protesta. E’ andata proprio così, come potete leggere dal documento approvato dal Consiglio. C’è un’apertura, però, dove si dice che se verranno individuate dalla Commissione altre metodologie per misurare il rilascio di microplastiche, potranno essere utilizzate.
Cosa significa?
Secondo gli studi PEF, che prendono in considerazione una lunga serie di dati per la misurazione dell’impatto delle fibre, le fibre naturali sono molto più impattanti di quelle sintetiche. Questo perché si omette di prendere in considerazione alcuni fattori, come il rilascio di microplastiche. Se la PEF diventa lo strumento “ufficiale” per la determinazione degli impatti, il consumatore recepirà l’informazione che i sintetici sono meno impattanti e farà di conseguenza le sue scelte di acquisto.
Questo video vi spiega meglio la cosa, ma ci tengo a dire che è stato fatto da Make the Label Count, la coalizione che sta sostenendo le fibre naturali in questa battaglia contro la PEF.
Gli agricoltori stanno cercando di far sentire la propria voce per non vedere distrutto il mercato delle fibre naturali, già messo in difficoltà dal cambiamento climatico. Ma non hanno voce. Nessuno dei 26 membri della segreteria tecnica del PEF Abbigliamento e Calzature è un agricoltore. Dei 14 membri votanti totali (tra cui Lacoste, H&M, Cotton Incorporated, Nike, Decathlon, Inditex, Re_Fashion, Gore-Tex, Sympatex e VF), otto di loro hanno un modello di business sintetico da proteggere.
Come se questo non bastasse…
E’ uscito un articolo sulla rivista scientifica Nature Communications che parla proprio dell’impatto delle fibre sintetiche, dal titolo “The global apparel industry is a significant yet overlooked source of plastic leakage”.
Gli autori stimano che l’industria dell’abbigliamento abbia generato 8,3 milioni di tonnellate di inquinamento da plastica nel 2019, corrispondenti al 14% delle 60 Mt stimate provenienti da tutti i settori. Nello studio dimostrano che la principale fonte di inquinamento da plastica derivante dalla catena di fornitura dell’abbigliamento sono gli indumenti sintetici, sia come rifiuti mal gestiti nel Paese di originale e nei Paesi che ricevono esportazioni di abbigliamento usato.
Se l’argomento vi interessa, leggete l’articolo, ci sono spunti interessanti
NORMATIVA ETICHETTATURA IN FASE DI REVISIONE
E’ in corso la revisione della normativa sull’etichettatura: siamo circondati dai cambiamenti, ma quello sull’etichettatura è assolutamente necessario. Il Policy Hub è un’organizzazione che rappresenta più di 700 imprese che operano nella moda e nell’abbigliamento e ha appena prodotto un documento con le proprie osservazioni sui lavori in corso. Vi sintetizzo i tre punti che trovo più interessanti.
L’etichetta fisica continuerà a contenere le informazioni sulla composizione e sulla manutenzione dei capi. L’etichetta digitale conterrà le informazioni aggiuntive. Il Policy Hub chiede che questa parte sia sviluppata tenendo conto di quello che sarà previsto nella normativa sull’ecodesign e nel Digital Product Passport, per evitare di creare confusione in fase applicativa;
Si chiede un maggiore livello di tolleranza per le fibre riciclate perché è più difficile tenere sotto controllo il loro tasso di impurità, anche se il loro uso deve essere incentivato. Attualmente, il regolamento consente una tolleranza del 3% tra dichiarato e contenuto testato per tessuti multifibra. Tuttavia, data la variabilità riscontrata nell’uso della lana riciclata, per le fibre riciclate si consiglia una tolleranza del 5%. Questa tolleranza dovrebbe essere limitata alle variazioni inevitabili nella produzione ed escludere le fibre riciclate chimicamente.
Si raccomanda la creazione di una categoria distinta per i materiali innovativi, soprattutto quelli a base non animale creati per sostituire i materiali animali. E’ necessaria l’emanazione di linee guida chiare su come denominare le "alternative", “in modo che lo siano senza ingannare il consumatore”, si legge nel documento. .
Si chiede anche alla UE di allineare le previsioni normative a quelle dei principali mercati extra-UE come gli Stati Uniti,Messico, Canada, Giappone, Cina e altri, per un sistema internazionale più fluido ed efficiente (ad esempio, la viscosa è chiamata "rayon" negli Stati Uniti).
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NORMATIVA EPR, VIA LIBERA DEL CONSIGLIO EUROPEO
Questa settimana il Consiglio Europeo ha dato il via alla nuova Presidenza ad avviare i colloqui con il Parlamento per la revisione sulla direttiva sui rifiuti, che contiene anche la normativa EPR. Entro 30 mesi dall'entrata in vigore della direttiva dovranno essere definiti i programmi che porteranno i brand a contribuire alla gestione del fine vita dei prodotti. I Ministri hanno concordato di includere le microimprese nel loro campo di applicazione.
Il livello delle tariffe sarà basato sulla circolarità e sulle prestazioni ambientali dei prodotti tessili (nota come ecomodulazione). Per prevenire gli sprechi l’approccio generale prevede che gli Stati membri possano richiedere tariffe più elevate per le aziende che seguono pratiche industriali e commerciali di “fast fashion”.
Ci sono anche disposizioni specifiche per gli Stati membri in cui esiste una quota maggiore di prodotti tessili ritenuti idonei al riutilizzo sul mercato. Tali Stati membri possono chiedere agli operatori del riutilizzo commerciale di pagare una tariffa (inferiore) quando rendono tali prodotti disponibili sul loro mercato per la prima volta.
Si riconosce inoltre il ruolo chiave degli enti dell’economia sociale (compresi enti di beneficenza, imprese sociali e fondazioni) nei sistemi di raccolta tessile esistenti. Permette loro di mantenere e gestire i propri punti di raccolta separati. Secondo la posizione del Consiglio, gli Stati membri possono esentarli da determinati obblighi di rendicontazione per evitare oneri amministrativi sproporzionati.
Questo è il documento ufficiale. Di EPR si parla anche nell’articolo che ho scritto per il magazine e che trovate sotto, dove ho analizzato il report di Ellen MacArthur Foundation uscito proprio questa settimana.
UNECE LANCIA LA COMMUNITY OF PRACTICE
Si è svolta a Milano la conferenza UNECE per presentare un aggiornamento sui progressi del progetto “Sustainability Pledge”, nato tre anni fa per evidenziare le sfide e le soluzioni in corso nell’adozione di un sistema di tracciabilità a livello di catena di fornitura.
La sperimentazione sul campo che ha coinvolto oltre 100 soggetti tra brand e NGO in 30 Paesi, che hanno dato vita a 20 progetti pilota. L'evento ha lanciato la "Community of Practice", una iniziativa aperta a tutti gli operatori del settore che decideranno di unirsi al percorso messo a punto dall’organizzazione.
Ne ho parlato in questo articolo che ho scritto per Ecotextile News
E adesso è arrivato il momento del caffè! Vi auguro buon weekend!
E’ un mondo affascinante quello degli smart textiles, tessuti intelligenti, che possono essere ottimi alleati nella soluzione di tanti problemi. Zoe Romano, ricercatrice indipendente, ha creato Circular ClothoTextile, il primo smart textile circolare, per contrastare la sindrome da elettrosensibilità. Tutto made in Italy.
Ascolta l’episodio di Solo Moda Sostenibile su Spotify, Spreaker, Apple Podcast, Google Podcast, Youtube, oppure tramite il link presente nell'articolo.
E' stato appena pubblicato il nuovo report di Ellen MacArthur Foundation dal titolo "Pushing the boundaries of EPR policy for textiles". Un'indagine approfondita che fornisce indicazioni per la costruzioni di sistemi di responsabilità estesa del produttore efficaci.
Mi sono concentrata su due punti:
- la dimostrazione che ad oggi è il riuso a sostenere la raccolta e la gestione degli abiti usati, vista la mancanza di un mercato per le materie riciclate;
- la proposta di creazione di un fondo alimentato dai contributi EPR per sostenere la gestione dei tessili usati nei Paesi importatori, anche con in investimenti in infrastrutture adeguate.
Potete leggere qui l’articolo.
Da leggere :
La moda non sta tanto bene - Il Post
Cosa significa oggi stile italiano? - Rivista Studio
Borse d’uva e giacche in seta di ragno sono la nuova frontiera della moda ecologica? - Linkiesta
I giganti della moda uniscono le forze per decarbonizzare le catene di fornitura - Fashion United
E’ tempo di Pitti Filati. Io sarò in fiera il 25 giugno, se ci siete possiamo prendere l’occasione per incontrarci: scrivetemi a silvia@solomodasostenibile.it.
La settimana che si è appena conclusa ho pubblicato tanti contenuti, ma ho una lista ancora lunga di cose che vorrei raccontarvi prima della pausa estiva. Vi ho già detto che il 13 luglio la newsletter si interromperà fino a settembre?