Era il 2009 quando a Copenaghen si svolse la COP15, dedicata al cambiamento climatico e che avrebbe dovuto stabilire dei limiti alle emissioni di anidride carbonica. La moda non fu invitata a partecipare tra i settori chiamati a discutere di questo tema, anche se già all’epoca gli effetti creati da questa industria erano evidenti. Proprio in quei giorni, in segno di protesta, si svolse la prima edizione del Fashion Summit, il primo appuntamento internazionale dedicato alla moda sostenibile. Sono trascorsi 15 anni da allora e il Global Fashion Summit che si è svolto nei giorni scorsi ha utilizzato questo anniversario per stimolare la riflessione: cosa è cambiato da allora? l’industria della moda ha fatto abbastanza? si poteva fare di più?
Questa video racconta brevemente quell’edizione del Summit di 15 anni fa: noterete che alcuni interventi trattano temi attuali ancora oggi.
‘It seems to me there is still one simple problem that was there back in 2009 and is still there today. And no-one wants to talk about it. We make too much stuff’, ha commentato la fashion editor del New York Times Vanessa Friedman, che moderava il panel in cui si faceva il punto su 15 anni di attivismo e i risultati raggiunti. L’overproduction: allora come oggi, il PROBLEMA. Ha ricordato anche qualche slogan che girava in quella prima edizione di 15 anni fa, come “Black is green”. Un brivido. C’ero io dietro quello slogan, che era impresso sulle borse regalate a tutti i partecipanti al Forum del 2009, come potete anche vedere all’inizio del video.
Le borse erano realizzate con la lana riciclata di Prato: di panno nero, considerabile green perché realizzato utilizzando fibra rigenerata e già colorata nella sua vita precedente (avete visto tutti Stracci e quindi non devo aggiungere altro!). Quelle borse promozionali erano state fatte promuovere il marchio Cardato Recycled CO2 Neutral, che misurava le emissioni di anidride carbonica dell’intero processo di produzione lungo tutta la filiera, per poi annullarle aderendo a progetti che facevano parte del Protocollo Kyoto. Io all’epoca lavoravo alla Camera di Commercio di Prato e mi occupavo dei progetti speciali (oggi quel marchio si è evoluto nel Cardato Recycled e una nuova iniziativa sta prendendo forma in queste settimane, sostenuta dal Comune di Prato: il marchio Cardato Riciclato Pratese).
Vi racconto questa storia perché mi ha insegnato una cosa: che il fattore tempo è fondamentale. Una innovazione che arriva troppo presto incontra difficoltà enormi e rischia di non essere considerata. Negli anni successivi riciclo e decarbonizzazione sarebbero diventati centrali nel dibattito sulla sostenibilità nella moda, ma il 2009 era troppo presto per lanciare un marchio che avesse questi obiettivi. E l’iniziativa si è spenta.
Se ci si prende troppo tempo per mettere in atto un cambiamento, però, si rischia di arrivare troppo tardi, di perdersi per strada e forse è successo un po’ questo nel mondo della moda: sono stati inseriti nel dibattito così tanti temi da creare una grande confusione. “Fughe da fermo”, si intitolava uno dei primi libri dello scrittore pratese Edoardo Nesi: e la moda ha fatto così in questi 15 anni.
Federica Marchionni, CEO di Global Fashion Agenda, ha detto in apertura del Forum:
“However, the pace of sustainability progress has not accelerated enough to respond to our changing world and this year’s Summit was focused on identifying the barriers to Unlock the Next Level and accelerate further implementation. We have reached a polarisation point where the geopolitical environment around us is threatening to stunt our progress and I must emphasise that we need to unite to meet the 2030 and 2050 agenda. Whether we differ in geographies, cultures or political mindsets, sustainability must be a unifying bond among all of us”
Non vi nascondo che tra i partecipanti al Forum aleggiava un certo pessimismo, il giudizio sul percorso fatto è poco incoraggiante. E’ vero, la partita è lontana dal chiudersi e ci sono ancora tanti giochi aperti. E poi mancano le regole del gioco.
IL SENSO DELLA COMMUNITY
Ma secondo me è cambiato qualcosa rispetto a 15 anni, che potrebbe dare una accelerata generale: adesso c’è una community che lavora quotidianamente su questi obiettivi, che nel proprio lavoro ogni giorno si occupa di sostenibilità. A Copenaghen questo senso di comunità, di appartenenza, era evidente. C’è maggiore consapevolezza e questo rende difficile restare fermi: chi lavora in questo settore da un po’, sa che non è più tempo di manifesti, è l’ora di azioni concrete.
Il titolo del Forum di quest’anno era “Unlocking the next level” e il richiamo ai videogiochi mi pare calzante: quando vuoi arrivare al livello successivo sai di essere abbastanza bravo da aver superato i livelli precedenti, hai capito le regole, sai come funziona, la tua strategia sta prendendo forma. Devi solo fermarti un attimo, capire dove sei, chiarire qual è il prossimo passo e poi via, la partita ricomincia.
Ecco, secondo me adesso è arrivato quel momento lì, in cui bisogna un attimo fermarsi a riflettere prima di tornare in partita. Ne sono successe di tutti negli ultimi anni: la crisi finanziaria, le guerre, la pandemia, e ora una nuova pesantissima crisi che sta pesando sulle filiere come un macigno. E’ il momento di fare il punto, raccogliere le forze, decidere gli alleati e andare avanti. Ma avendo ben chiaro in quale direzione andare: non si può fare tutto, non si può cambiare strada ogni sei mesi. Forse anche questo ha rallentato i progressi nel settore: le energie disperse in troppe direzioni.
UNA SBORNIA DI INNOVAZIONI
Tante idee nuove, soprattutto sul fronte dei materiali, quelli riciclati in particolari. In due giorni di Forum ho segnato decine (non sto scherzando) di nuove iniziative. Alcune interessanti, altre che mi hanno lasciata un po’ perplessa. Mi sembra che le parole “riciclato” e “bio-based” siano considerate due chiavi fondamentali per aprire la porta del mercato. Ma alcune volte le proposte sono un deboli, idee curiose, sulle quali si potrebbe fare un po’ di storytelling. E poi?
A un certo punto, però, credo di aver capito qual è il problema di questa nuova generazione di materiali e perché fanno così fatica ad affermarsi sul mercato: perché vengono sempre paragonati ai materiali tradizionali e vergini. Per i materiali riciclati non si pensa a una loro specifica applicazione, ma vengono sempre paragonati a quelli vergini per le loro performance e il loro utilizzo. Vinceremo questa sfida quando ci saranno delle cose che possiamo fare solo un materiale riciclato perché con quello vergine non viene altrettanto bene: quando quindi smetteremo di pensare che il riciclato deve sostituire quello vergine e penseremo a prodotti che possono essere realizzati proprio partendo dalle caratteristiche di quelli riciclati. Cosa ne pensate?
SARANNO LE LEGGI A SALVARCI
Anche se quando si inizia a parlare di etica e di valori c’è sempre qualcuno che sbuffa come se si trattasse di temi noiosi e anche un po’ inutili, sarà proprio ripartire da quei fondamentali lì che indicherà la direzione da intraprendere ad ogni azienda. Guardarsi dentro, cercare di riscoprire il senso della propria attività e l’obiettivo finale, è il modo migliore per studiare la propria strategia per sbloccare il livello successivo.
Questo dovrà essere accompagnato da un quadro normativo chiaro, che ormai tutti stanno aspettando. Non c’è stato relatore che non abbia fatto riferimento a questo punto: ci vogliono le leggi, non solo in Europa, ma anche in USA e nel resto del mondo. Il settore ha bisogno di regole, per decidere dove concentrare i propri sforzi.
Se ci pensate bene, è proprio da quel 2009 che si aspettano delle leggi chiare che stabiliscano le regole del gioco. Invece queste vengono annunciate da anni, ma non arrivano mai (o almeno non arrivano quelle davvero importanti) e questo ha messo il settore in stand by. La crisi sta riducendo i budget per la sostenibilità, purtroppo: un quadro normativo certo aiuterebbe a fare la lista delle priorità.
UN SISTEMA GLOBALE
Il tema della misurazione degli impatti ha attraversato diversi panel durante il forum, collegato al tema della filiera: se un brand vuole raggiungere i propri obiettivi non può fare a meno di coinvolgere anche i partner produttivi. Nelle strategie di decarbonizzazione, il ruolo della filiera è fondamentale, eppure non solo è molto complicato tracciare gli impatti, per la frammentarietà degli step produttivi, ma è complicato anche elaborare strategie di miglioramento. Nei Paesi asiatici l’investimento in rinnovabili è molto scarso, anche se necessario.
Il progetto eolico in Bangladesh, sviluppato da Copenhagen Infrastructure Partners (CIP), ridurrà le emissioni di circa 725.000 tonnellate all’anno. L’iniziativa sarà il primo progetto eolico offshore su larga scala al largo della costa di Cox’s Bazar, in Bangladesh. E’ sostenuto da Bestseller e H&M Group e Global Fashion Agenda sta discutendo con altri marchi di moda per farli aderire. L’obiettivo di fornire il 40% dell’energia elettrica. energia elettrica della nazione da fonti rinnovabili entro il 2041. Sembrano tempi lunghissimi, ma ce lo siamo appena detti che non si possono fare solo progetti a breve termine.
Sostenere la filiera negli investimenti necessari per la riduzione degli impatti è diventato necessario per tutti i grandi brand, ci sono tante idee in giro. Da soli non possono riuscire a raggiungere i propri obiettivi e questo aprirà la strada a nuove forme di collaborazione, più strette e vincolanti, con i fornitori privilegiati: ci sono già iniziative allo studio e sono molto curiosa di vedere come si evolverà questa situazione.
Questo simpatico ragazzo ha girato per tutto il Forum portandosi dietro questa rudimentale lavatrice a manovella. Sapete che l’introduzione della lavatrice è una delle innovazioni che ha avuto maggiore impatto nella vita delle donne nella seconda metà del Novecento? Eppure il 60% della popolazione mondiale ne è sprovvista e in quel caso mediamente una donna trascorre 20 ore la settimana per fare il bucato per la famiglia. La lavatrice manuale ha un ciclo di lavaggio di 30 minuti, con solo pochi minuti di rotazione manuale, e consente di risparmiare fino al 75% di tempo e dimezzare il consumo di acqua. The Washing Machine Project è una organizzazione che per adesso distribuisce queste lavatrici in India, Iraq, Libano, Messico e Uganda. Si può collaborare al progetto facendo delle donazioni, ma anche contribuendo a costruire queste lavatrici: viene proposta come un’attività di team building da fare in azienda.
Perché vi ho raccontato questa cosa? Mi ha incuriosita e mi ha fatto riflettere sul concetto di benessere. In un settore globale, decidere dove fissare l’asticella che definisce uno standard unico, uno stile di vita che a tutti dovrebbe essere garantito, è un tema complicato da affrontare, ma non ci possiamo sottrarre da aggiungere anche questo alla lista delle cose da fare.
LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI
Durante il Forum è stata lanciata l’edizione speciale della Global CEO Agenda, una serie di indicazioni utili per “unlock the next level”.
Operationalising Sustainability: lavorare per misurare i propri obiettivi e renderli sempre più connessi alla vita aziendale, anche creando team interdisciplinari che affrontino la sostenibilità da prospettive diverse.
Redefining Growth: circolarità e durabilità sono alla base di questa azione. In questo ambito l’investimento in ricerca e sviluppo è fondamentale. Durante il Forum è emerso che mediamente le aziende della moda investono circa l’1,4% del loro budget, troppo poco per produrre un reale cambiamento.
Activating Consumers: rendendo accessibili le informazioni in maniera trasparente, ma anche con uno storytelling coinvolgente e rigoroso (come la comunicazione informata del mio SMS LAB?)
Prioritising People: stimolando l’inclusione e misurando l’impatto sociale dell’azienda lungo tutta la filiera.
Mobilising Based on Materiality: stabilendo road map di medio e lungo termine, senza fermarsi solo ad azioni di breve periodo, che si pensa possano portare a risultati più veloci.
Se volete leggere il documento integrale, lo trovate qui.
E adesso non posso fare a meno di chiedervelo: quale sarà il vostro “next level”?
Scusatemi per la lunghissima newsletter, ma sapevate che stamani sarebbe andata così. Prima di lasciarvi al vostro caffè, voglio fare i complimenti a Federica Marchionni e a tutto lo staff di Global Fashion Agenda per l’organizzazione e per i temi affrontati: non è facile gestire oltre 1000 partecipanti, con tante proposte diverse che hanno offerto a ciascuno la possibilità di costruire un proprio percorso personalizzato all’interno del Forum.
Ringrazio anche tutte le persone che mi hanno dedicato un po’ del loro tempo, che hanno condiviso le proprie riflessioni e risposto alle mie domande: ho raccolto tanto materiale da analizzare per le prossime settimane, ognuno di voi è stato prezioso!
E adesso? vi lascio al vostro weekend, naturalmente.
Da leggere:
Al via le trattative per il Ccnl del tessile-abbigliamento - Fashion network
L’Acme (Florence Luxury Leather) licenzia tutti i dipendenti - Fashion Magazine
Bye bye. La prossima settimana mi dedicherò a nuovi contenuti: uscirà un nuovo episodio del podcast e spero anche qualcos’altro.
Continua la raccolta di materiali per il mio archivio. Questa settimana si sono aggiunte nuove cose e naturalmente mi sono venute in mente delle idee per valorizzarlo. Se volete inviare i vostri materiali:
SMS LAB - Via Magnolfi 35 - 59100 Prato
Se invece mi volete scrivere: silvia@solomodasostenibile.it
Io ero lì come volontaria! Mi sarebbe piaciuto molto fare la tua conoscenza. Un'esperienza molto positiva!
Molto vero ciò che scrivi rispetto ai materiali... andrei però oltre e parlerei di prodotto. Se prendiamo un prodotto che già facciamo e lo vogliamo rendere sostenibile ci scontreremo con l'inevitabile confronto con un "originale". Costi più alti e resa differente. È un po' come se, volendo smettere di mangiare carne, cercassimo solo dei surrogati a forma di bistecca invece di aprirci a un modo completamente nuovo di mangiare.